martedì 27 dicembre 2011

KUMA, STORIA DI UN'AMICIZIA.





Alvin era un bambino solitario e taciturno che amava giocare da solo, tra gli sterminati prati ed il piccolo bosco che circondavano la sua casa.
Un bel pomeriggio,  mentre  era alla ricerca di un rametto per costruire una fionda, comparve all’improvviso una figura di donna con un’aura di luce tutt’attorno. In un primo momento lo spavento fu tale da paralizzarlo; ma non appena la donna iniziò a parlare, un senso di tranquillità e di fiducia lo pervase, tranquillizzandolo.   “Ciao Alvin”, disse la donna.  “Come fai a sapere il mio nome ? .. io non potrei parlare con gli sconosciuti!”,  accennò timidamente il bambino abbassando lo sguardo.  “Alvin.. non preoccuparti.. mi chiamo Amalì. Solo i bambini che scelgo, possono vedermi;  ho scelto te perché c’è una cosa che ti devo insegnare.”  -  “Che cosa ? Che cosa ?”  disse il bimbo incuriosito. “Non è ancora il momento; tornerò presto a trovarti”, sorrise; un colpo di vento fece chiudere gli occhi di Alvin e quando li riaprì la bellissima fata Amalì non c’era più; corse verso casa e raccontò quanto accaduto ai suoi genitori, ma la reazione non fu quella che il piccolo si aspettava.   “Vi dico che è vero!” continuava a replicare  con una tale enfasi che la risposta del padre fu molto dura, “Ora basta! Non essere sciocco! Le fate non esistono!”.   A queste parole Alvin scoppiò in lacrime e si chiuse nella sua cameretta.  Il mattino seguente a scuola,  radunò il suo gruppo d’amici più cari e raccontò loro dell’incontro con la fata vissuta il giorno precedente ma, venne deriso e sbeffeggiato rendendo ancora più amaro il rimprovero del padre. Sconsolato il piccolo,  attese ammutolito la fine delle lezioni e mentre percorreva la strada di casa,  pensò a quanto fosse sconfortante dire la verità e non essere creduti da nessuno.
I giorni passavano ma nulla era più come prima.  Il sorriso era scomparso dal viso del bambino che ancora udiva le risate dei suoi amici di scuola e l’eco del rimprovero dei genitori.   Ma un bel giorno, al ritorno da scuola, lo sguardo cupo di Alvin cambiò in un baleno alla vista di un piccolo cesto da cui, avvolto in una coperta colorata, spuntava un meraviglioso musetto marrone. “Un cane! Un cane!” urlò dalla gioia il bambino, “..ed è tutto tuo..” aggiunse il padre guardando la mamma compiaciuto,  e sorridente.  “Ti chiamerò Kuma perché sei marrone come l’orso della storia che ho letto!” .   Kuma era un gran giocherellone ed erano diventati inseparabili.
I mesi passarono ed arrivò anche la fine della scuola, momento accolto con impazienza da tutti i bambini.   E come ogni anno,  Alvin insieme ai genitori, andava in vacanza dalla Zia Matilde che aveva una bellissima casa sul lago, che per il bambino era una specie di Castello, adornata da alberi e collinette.   Al confine della villa c’era una scuderia di cavalli,  dove il bimbo, di tanto in tanto, passava il suo tempo accudendo i puledri e giocando con loro lungo i pendii che degradavano sino al limitar del bosco, che circondava lo splendido lago Camore, dove amava trascorrere, immerso in acqua, i pomeriggi più caldi.   La Zia Matilde possedeva anche un meraviglioso giardino all’italiana ed una serra in cui coltivava piante esotiche.
“Alvin, dovremo lasciare Kuma, non possiamo portarlo con noi, rovinerebbe tutto il giardino della zia e sai quanto ci tiene. Lo lasceremo sulla  strada che costeggia  il bosco di Paline, vedrai che se la saprà cavare.. è un cane forte!” disse il padre.
Il bambino rimase impietrito ed in silenzio, fissando il papà;  sapeva che la zia non sarebbe stata contenta di avere un giardino distrutto, e lui adorava trascorrere le vacanze tra il lago e i cavalli, ma allo stesso tempo separarsi dal suo cucciolo sembrava una cosa impossibile.
Sì, ma forse aveva ragione; Kuma se la sarebbe cavata senza di lui e poi lo avrebbe potuto riprendere al ritorno dalla vacanza.
Fecero montare il cane in auto e a metà percorso, vicino ad una radura circondata da alberi,  fecero scendere il Kuma, felice di scorazzare con il suo grande amico a due gambe: Alvin, ma voltandosi per cercarlo,  non trovò più nessuno.
Annusò a lungo in terra per cercare le tracce del suo padroncino, aspettò seduto che tornasse, triste e solo, ma si fece buio, aveva sete e tanta fame.
Iniziò a sentire i rumori del bosco, le civette, i gufi, lo scricchiolio dei rami, il vento tra le foglie che sembravano così cupi ed impressionanti.
Aspettò ancora, i fari delle auto, illuminavano sempre meno il ciglio della strada dove Kuma era seduto in attesa.   Con il passar delle ore il suo sguardo era sempre più triste e sconsolato.  Il mattino seguente, allo spuntar del sole, Kuma iniziò a camminare, Alvin  forse si era perso, e lui doveva assolutamente ritrovarlo.
Cercando le tracce che aveva a lungo annusato il giorno precedente, iniziò a camminare al centro della carreggiata, uno stridio di gomme fermò la sua ricerca e si accorse che un’auto si era appena fermata a pochi centimetri da lui.   Si scostò.. cercando di camminare sul bordo della carreggiata e di tanto in tanto, al centro, per ritrovare gli odori che cercava.
Camminò a lungo fino a non sentire più il dolore alle piccole zampe da cucciolo.   Trovò un lago, una collina e dei cavalli liberi che correvano rincorsi da  un bimbo,  un bimbo!! Sì era Alvin. Kuma si bloccò, lo riconobbe dalla voce, iniziò a correre verso il suo padroncino abbaiando.  Il bambino si voltò riconoscendolo, proprio mentre Kuma attraversava la strada per raggiungerlo; ma sopraggiunse un’auto, quella dei suoi genitori.  L’auto non fece in tempo a schivare il cane e lo travolse.  Si sentì, lo stridio delle gomme, un tonfo e un fortissimo guaito che fece scappare i cavalli e gridare “noooooooo” al bambino.
L’auto aveva terminato la sua corsa contro  un albero, ma sia la mamma che il papà stavano bene, e si precipitarono a soccorrere Kuma.
Alvin corse giù per la collina e si fermò vicino al suo amorevole amico,  che guaiva ormai debolmente, chiudendo e riaprendo gli occhi.  Lo accarezzò e pianse, pianse lacrime amare.. non lo  avrebbe mai dovuto abbandonare, mai!  Kuma.. che per tanto amore aveva percorso chilometri e chilometri solo per ritrovarlo.
Mentre piangeva si accorse che una mano si era posata sulla sua spalla e una voce che aveva già udito disse: “ Alvin, questa era la lezione che dovevi imparare, il tuo cane, senza saper dove fossi, ti ha cercato perché ti amava più di qualsiasi cosa, si fidava di te e del tuo amore e ti è sempre rimasto fedele.  L’amicizia e l’affetto, non importa se tra persone o animali, è un tesoro inestimabile, che va protetto e difeso, Kuma lo ha fatto a dispetto della sua salute e del tuo abbandono. Non sottovalutare mai il cuore di un animale, che ama e soffre come te, ma è anche capace di perdono e di grande amore.”.
Alvin piangeva ed invocava sommessamente il nome di Kuma, pentendosi di averlo lasciato solo in strada, mentre il suo piccolo amico respirava ormai a fatica.  “Quello che hai imparato oggi, dovrà farti riflettere, in futuro,  sulle conseguenze delle tue azioni e su ogni tua  decisione che coinvolgerà un essere vivente; e so che non mi deluderai!
La fatina gli sorrise e soffiò ancora una volta sugli occhi di Alvin, che fu costretto a chiuderli.  Riaprendoli non vide più la fata Amalì.  Kuma non era in terra,  ma correva in giardino, ed il papà gli stava parlando:
“Alvin, dovremo lasciare Kuma, non possiamo portarlo con noi, rovinerebbe tutto il giardino della zia e sai quanto ci tiene; visto che …”.  Alvin lo interruppe, “Papà, non ho intenzione di abbandonare Kuma, fa parte della famiglia e lasciarlo in strada non è giusto ! Oltretutto io gli voglio bene e se devo scegliere tra la vacanza ed il mio amico, scelgo lui!”.
Lo sguardo del bambino era deciso ed inflessibile, il papà rimase interdetto, ma anche meravigliato e ammirato di aver cresciuto un figlio tanto assennato e responsabile; posandogli la mano sulla testa, annuì e sorrise.

Anna Biason e Stefania Pennazza

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